L'infezione da HIV nel bambino
(medici infettivologi dell'ospedale Sacco - Milano)
Prof.ssa A. Cargnel

L'incremento dell'infezione da HIV pediatrica ha avuto in questi ultimi anni un impatto importante sulla mortalità infantile sia nei paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo. In alcune aree dell'Africa sub Sahariana, il 10-30% delle donne gravide sono infettate dall 'HIV e nel sud est Asiatico si sta assistendo ad un rapido diffondersi dell'epidemia. La trasmissione da madre infetta al bambino, secondo dati recenti, avverrebbe nel 15-35% dei casi. Le percentuali più basse si hanno in Europa, le più alte in Africa. La possibilita di trasmissione dipende da alcuni fattori, tra cui la carica virale: un'antigenemia positiva (Agp24), ad esempio, è associata ad una maggior possibilità di trasmissione. Anche un basso numero di CD4+ o un avanzato stato di malattia, l'incremento dei livelli di neopterina o di beta2 microglobulina; la presenza nella madre di ceppi ad elevata replicazione ecc.si associano ad un'aumentato rischio di trasmissione dell'infezione da HIV dalla madre al bambino. Una parola va detta sul problema dell'allattamento al seno. HIV è stato trovato nel latte di donne coninfezione da HIV. Alcuni studi fatti in questi anni indicano un rischio più elevato di trasmissione dell'HIV nei bambini allattati al seno; per questo nei paesi industrializzati è consigliato l'allattamento artificiale. L'infezione da HIV può avvenire in utero o al momento del parto. Vi sono alcuni dati che suggeriscono che il parto con taglio cesareo potrebbe essere utile a prevenire la trasmissione dell'infezione; tuttavia, i dati in nostro possesso non autorizzano a proporre routinariamente questa scelta. Sono in corso, comunque, ulteriori studi a questo riguardo. Per ciò che concerne la diminuzione del rischio di trasmissione, importanti dati sono emersi, circa l'uso dell'AZT in gravidanza, da uno studio condotto da studiosi americani e francesi (ACTG 076) su 477 donne HIV positive, con CD4+ superiori a 200/mm3. La somministrazione di AZT prima e durante il parto alla madre ed al neonato per 6 settimane riduce il rischio di trasmissione di circa 2/3: da 25,5% a 8,3%. La diagnosi precoce dell'infezione da HIV nel neonato, nato da madre sieropositiva può essere fatta o attraverso la coltivazione del virus, o con il ritrovamente dell'Antigene virale, o mediante l'individuazione del genoma virale con la PCR (Polimerase Chain Reaction), o infine seguendo nel tempo il neonato, attraverso la persistenza degli anticorpi oltre il diciottesimo mese. Infatti, tutti i bambini che nascono da madri sieropositive hanno nel loro sangue anticorpi contro il virus HIV; se questi anticorpi sono quelli che il neonato ha ricevuto passivamente dalla madre, entro 18 mesi li eliminerà; se questi anticorpi persistono oltre il diciottesimo mese, si tratta di anticorpi prodotti dal bambino e sono, dunque, segno che il bambino è infetto. Raramente i bambini infettati hanno segni o sintomi correlati all'HIV al momento della nascita, ma li sviluppano nei mesi o negli anni seguenti. In circa un quarto dei bambini l'infezione progredisce rapidamente in AIDS o addirittura li conduce a morte nel primo anno di vita. Tale progressione è molto più rapida rispetto agli adulti a causa dell'immaturità del sistema immune al momento dell'acquisizione dell'infezione da HIV. Uno studio europeo riferisce che, dei bambini infettati dall'HIV, il 15% muore nei primi 12-18 mesi di vita e il 28% entro l'età di cinque anni. La percentuale di bambini che evolvono in AIDS decresce, dopo il primo anno di vita, intorno al 6-8% e lo stesso accade per la mortalità. Manifestazioni cliniche dell'AIDS, importanti nel bambino, sono le infezioni opportunistiche primarie: polmonite da Pneumocystis carinii, cytomegalovirus e virus di Ebstein-Barr che possono essere coinvolte nella patogenesi della polmonite interstiziale. La polmonite da P. carinii ha un picco di incidenza tra i tre ed i sei mesi e presenta un'alta mortalità. A differenza di quanto accade per gli adulti infettati dal virus HIV, in cui la profilassi per la PCP (Polmonite da Pneumocystis Carinii) viene iniziata sotto i 200 CD4/mm3, nei bambini nati da madri Sieropositive, essa è consigliata a partire dalla quarta, sesta settimana di vita. Nel secondo, sesto mese di vita sono anche comuni manifestazioni neurologiche in quei bambini che hanno una malattia rapidamente progressiva. Nei bambini più grandi si manifestano infezioni batteriche ricorrenti e la polmonite linfocitaria interstiziale; per coloro che entrano nell'adolescenza, si riscontrano problemi di accrescimento e di sviluppo puberale.

Approcci per la riduzione della trasmissione dell'infezione da HIV dalla madre al bambino.

Evitare l'allattamento al seno
Terapia antiretrovirale (madre per gravidanza e parto; bambini dopo la nascita)
Zidovudina
Altri agenti antiretrovirali
Riduzione dell'esposizione durante il parto
Parto cesareo
Abolizione di procedure invasive durante il parto
Disinfezione vaginale
Trattamento delle malattie sessualmente trasmesse
Immunoterapia per la madre e/o il bambino
Terapia passiva (anticorpi mono o policlonali)
Immunizzazione attiva